Il numero degli anziani è in progressivo aumento in tutto il mondo, grazie ai miglioramenti nella medicina, alla diffusione di strutture sanitarie che hanno allungato l’aspettativa di vita e al calo dei tassi di natalità avvenuto negli ultimi decenni.
L’aumento della popolazione anziana richiede conoscenze aggiornate per affrontare problemi socio-sanitari specifici nell’anziano, che risultano spesso complessi.
Oggi è indispensabile avere una conoscenza di base delle principali problematiche e patologie dell’età avanzata, per partecipare in maniera diretta al trattamento di questi pazienti e dare il proprio contributo professionale all’interno di un equipe multidisciplinare.
Aspetti demografici dell’invecchiamento
Il problema dell’invecchiamento è un fenomeno mondiale, legato alla diminuzione della natalità e all’aumento della vita media. Questa tendenza sta portando, e porterà in misura ancora maggiore nei prossimi decenni, ad un radicale cambiamento della realtà sociale, con nuovi risvolti economici, assistenziali e sanitari.
La nuova situazione demografica che si sta venendo a creare deve far riconsiderare la definizione di anziano, non solo in base all’età anagrafica, ma piuttosto sulla prospettiva di vita.
L’aspettativa di vita alla nascita si è progressivamente allungata dall’inizio del secolo e tende costantemente ad aumentare.
Principali patologie negli over 65
Secondo i dati ISTAT le patologie più diffuse negli anziani (in una lista di 22) sono: artrosi (47,6%), ipertensione (47%), patologia lombare (31,5%) e cervicale (28,7%), iperlipidemia (24,7%), malattie cardiache (19,3%) e diabete (16,8%). Queste sono le prime patologie per entrambi i generi.
Seguono, per gli uomini, i problemi di controllo della vescica (12%) e, per le donne, la depressione (15%), le allergie (14,1%) e i problemi di incontinenza urinaria (13,7%).
Le donne riportano meno frequentemente malattie croniche gravi ma più multicronicità e limitazioni motorie o sensoriali.
Osteoartrite
L’osteoartrite, la patologia articolare più frequente, insorge spesso nei soggetti di età compresa fra i 40 e i 50 anni di età e, in certa misura, colpisce quasi tutti una volta raggiunti gli 80 anni di età.
L’osteoartrite è la malattia articolare più comune e si stima che colpisca oltre 240 milioni di persone in tutto il mondo. È il motivo più frequente di limitazione dell’attività negli adulti.
Può coinvolgere quasi tutte le articolazioni, ma in genere colpisce mani, ginocchia, anche e piedi. È caratterizzata da alterazioni patologiche della cartilagine, dell’osso, della sinovia, dei legamenti, dei muscoli e del grasso periarticolare, che portano a disfunzioni articolari, dolore, rigidità, limitazione funzionale e perdita di attività apprezzate, come camminare per fare esercizio e ballare.
I fattori di rischio includono l’età (il 33% degli individui di età superiore ai 75 anni presenta un’OA sintomatica e radiografica del ginocchio), il sesso femminile, l’obesità, la genetica e le lesioni articolari maggiori.
Le persone affette da OA presentano un maggior numero di comorbidità e sono più sedentarie rispetto a quelle senza OA. La conseguente ridotta attività fisica comporta un aumento del 20% della mortalità.
Ipercifosi
L’angolo di cifosi della colonna vertebrale toracica tende ad aumentare con l’invecchiamento.
L’ipercifosi è un angolo di cifosi che supera l’intervallo di normalità. L’ipercifosi può essere un fattore di rischio potenzialmente modificabile per esiti negativi per la salute, come il rischio di cadute e fratture.
Inoltre, l’ipercifosi può indicare la presenza di osteoporosi. Studi prospettici e di intervento, utilizzando un angolo di Cobb di 50° come definizione chiara e uniforme di ipercifosi.
Dolore fisico e limitazioni motorie negli anziani
L’indagine europea sulla salute (EHIS), condotta in tutti gli Stati dell’Unione europea sui principali aspetti delle condizioni di salute della popolazione ed il ricorso ai servizi sanitari, assume particolare rilevanza perché consente di confrontare i principali indicatori di salute tra i Paesi membri, oltre che tra tutte le regioni in Italia. Vediamo alcuni dati per il nostro Paese.
Il 37,7% degli anziani riferisce di aver provato dolore fisico, da moderato a molto forte, nelle quattro settimane precedenti l’intervista, valore inferiore alla media Ue e simile a quanto rilevato per la Spagna.
Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie, con uno svantaggio di soli 2 punti percentuali sulla media Ue, principalmente dovuto alla maggiore quota di donne molto anziane in Italia.
Le donne lamentano più degli uomini dolore fisico da moderato a molto forte (45,4% contro 27,6%). Tra le ultraottantenni la percentuale arriva al 58,6% a fronte del 39,2% degli uomini.
Malattie neurodegenerative
I disturbi neurodegenerativi sono caratterizzati dalla perdita progressiva di popolazioni di neuroni selettivamente vulnerabili o alla perdita statica di neuroni dovuta a disturbi metabolici o tossici. Le malattie neurodegenerative possono essere classificate in base:
- alle caratteristiche cliniche primarie (ad esempio, demenza, parkinsonismo o malattia del motoneurone);
- alla distribuzione anatomica della neurodegenerazione (ad esempio, degenerazioni frontotemporali, disturbi extrapiramidali o degenerazioni spinocerebellari);
- alla principale anomalia molecolare.
Tra le più note troviamo:
- Alzheimer;
- Parkinson;
- Huntington;
- la sclerosi laterale amiotrofica (SLA);
- la paralisi sopranucleare progressiva;
- la demenza frontotemporale;
- la demenza da corpi di Lewy;
- la Malattia di Creutzfeldt-Jakob (MCJ).
La demenza è in crescente aumento nella popolazione generale ed è stata definita dall’OMS e dall’Alzheimer Disease International una priorità mondiale di salute pubblica. Attualmente si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza. I dati del Global Action Paln 2017-2025 dell’OMS indicano che nel 2015 la demenza ha colpito 47 milioni persone in tutto il mondo, una cifra che si prevede aumenterà a 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi all’anno (1 ogni 3 secondi). La stima dei costi è oltre 1 trilione di dollari all’anno, con un incremento progressivo e una continua sfida per i servizi sanitari.
La Malattia di Alzheimer e le altre demenze rappresentano la 7^ causa di morte nel mondo. La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più comune al mondo e costituisce il 60%-80% di tutti i casi di demenza.
Il maggior fattore di rischio associato all’insorgenza delle demenze è l’età e, in una società che invecchia, l’impatto del fenomeno è di dimensioni allarmanti. Si prevede che queste patologie diventeranno, in tempi brevi, uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica.
Il sesso femminile rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza della demenza di Alzheimer, la forma più frequente di tutte le demenze (circa il 60%).
La prevalenza della demenza nei paesi industrializzati è circa del 8% negli ultrasessantacinquenni e sale ad oltre il 20% dopo gli ottanta anni.
Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero triplicarsi nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali. In Italia, secondo le proiezioni demografiche, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, con aumento di tutte le malattie croniche legate all’età, e tra queste le demenze. Attualmente il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre 1 milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, con conseguenze anche sul piano economico e organizzativo.
Prevenzione primaria
Oggi dobbiamo guardare all’invecchiamento come ad una realtà inevitabile, tuttavia modificabile, a cui destinare principalmente servizi preventivi, educativi e riabilitativi.
Secondo le indicazione del Ministero della Salute la prevenzione in età senile prevede una serie di comportamenti:
- Smettere di fumare: gli effetti benefici della disassuefazione dal fumo sono evidenti già a breve termine. Entro venti minuti dall’ultima sigaretta si verifica un calo della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, mentre nell’arco di mezza giornata il livello di monossido di carbonio nel sangue ritorna alla normalità. Dopo un anno il rischio di malattie coronariche si dimezza, mentre occorrono 5-15 anni di astensione dal fumo prima che il rischio di ictus ritorni ai livelli di chi non ha mai fatto uso di tabacco.
- Praticare regolarmente un’attività fisica adeguata.
- Limitare l’assunzione di alcol.
- Non superare le tre tazzine di caffè al giorno.
- Controllare la pressione arteriosa e la frequenza e il ritmo del battito cardiaco.
- Eseguire con scrupolosità i controlli medici, strumentali e di laboratorio prescritti e assumere con regolarità e precisione la terapia consigliata dal medico curante.
- Partecipare alla vita sociale e culturale.
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