Gianluca Bianco
Giacomo Catalani:
“Come è iniziato il tuo percorso?”
Gianluca Bianco:
“Il mio percorso e tutto quello che faccio è frutto di una sete insaziabile di avere dei riferimenti per me quindi è anche frutto della mia insicurezza. E stata una ricerca infinita, continuativa e appassionata ma al contempo scellerata peri mettere insieme dei pezzi. Il mio percorso è iniziato proprio come figlio di medici e nipote di medici che invece di fare il medico voleva fare il filosofo.
La mia storia è iniziata anche come paziente, diciamo omeopatico. Mia madre era un’appassionata di medicina integrata come e quando ero piccolo ci fu una sorta di miracolo avvenuto con una dermatite in seguito a una terapia empatica. Da lì ci fu una conversione di tutta la mia famiglia all’omeopatia.
Volevo fare filosofia perché ero già appassionato a tutto ciò che riguarda il cervello, come impara, recepisce, memorizza e si muove in rapporto alla realtà. Durante gli anni di liceo parlavo molto con quello che all’epoca era proprio l’analista di mia madre, Tommaso Traetta, che poi nel corso della vita si è rivelato il mio più grande maestro, che mi ha aperto veramente il cuore, l’anima, la mente e lo spirito ad accogliere tutto ciò che oggi fa parte della mia medicina integrata. Fu lui che mi suggerì di scegliere di fare il medico.
Contemporaneamente allo studio del corso di laurea di medicina frequentavo, perché era possibile farlo dal terzo anno in poi, il corso di medicina omeopatica del compianto allora professore Antonio Negro, che è stato un riferimento importantissimo nella storia della medicina omeopatica mondiale.
Ho portato a termine gli studi con molto piacere perché studiavo già all’epoca due modelli che erano paralleli per cui ho potuto iniziare da subito a fare degli sforzi per mettere insieme questi due modelli.”
Giacomo Catalani:
“Tu collabori solo con l’università o divulghi le tue competenze anche in altro modo?”
Gianluca Bianco:
“io ho il cosiddetto piede all’università e ne sono fierissimo. Sono sempre grato ai docenti che mi consentono di mantenerlo anche perché da lì scaturiscono le ricerche. In Brasile ho conosciuto tanti grandissimi professionisti come il professor Nodari, il professor Pernambuco il dottor Francisco Miguel Pinto. Soprattutto ultimamente anche il professor Salgado.
Sono tutti nomi che mi hanno aperto da una parte la possibilità di fare ricerca perchè loro hanno un materiale umano incredibile grazie gli ambulatori, quindi le mie idee spesso le abbracciavano con un entusiasmo che io mi sentivo a volte preso in giro e che invece poi si concretizzavano in pubblicazioni.
La conoscenza di Salgado, tramite la scuola della postura del Brasile mi ha aperto la possibilità di partecipare a convegni internazionale molto importanti di posturologia e il professor Salgado addirittura adesso ha creato una rete molto grande sulla medicina integrata e ha considerato la mia persona e la mia associazione come unica rappresentanza italiana ad Orlando, dove ha impiantato questo tipo di reti di comunicazione didattica di medicina integrata.
La mia disponibilità di insegnare non è sempre stato un bene però mi ha dato tanto perché la soddisfazione delle persone che si sono realmente sentite arricchite da quello che io studio con passione e in cui credo da una vita non ha prezzo. Sono sempre stato disponibilissimo ad insegnare, quindi mi sono ritrovato in situazioni a volte diciamo anche un po’ ambigue, però nella maggior parte dei casi è stata un enorme soddisfazione.”
Giacomo Catalani:
“Salute psicologica e salute fisica vanno di pari passo, cosa ne pensi?”
Gianluca Bianco:
“Sicuramente è vero quello che dici. Noi vogliamo tutto subito però nel recupero della dimensione umana del medico dobbiamo vedere che il medico era anche un pò un educatore, quasi come un sacerdote. Il compito del medico è in qualche modo educare il paziente. Come faccio io? Non voglio essere di esempio a nessuno, è solo il mio personalissimo modo.
Come fai a destrutturare un’attitudine antica a stare tutto contratto? È necessaria la consapevolezza del medico che ha capito finalmente la medicina integrata e l’importanza dell’integrazione tra medicina occidentale e orientale e tra scienza e approccio olistico. Ancora più importante è non è solo il medico che deve capirla questa cosa ma soprattutto il paziente perché se lui non diventa consapevole che ogni volta che sta in macchina, per esempio, e sta al semaforo e rimane tutto contratto e non respira, i trigger points miofasciali continueranno a formarsi.
Quando il paziente viene da me perché ha un dolore importante, io comincio a trattarlo con l’agopuntura per il dolore della sindrome miofasciale. Verso la terza o quarta seduta in cui comincia a stare meglio il problema non è se tornerà, certo che tornerà! Abbiamo solo curato l’esterno, per dirla alla cinese.”