Emanuele Marra
PERCORSO:
Emanuele Marra ha iniziato la sua carriera di preparatore atletico in Brasile, con il Cruzeiro, quando ancora stava facendo Scienze Motorie. Un’occasione che ritiene sia stata determinante nel suo percorso e che è nata quasi per caso, attraverso un concorso a cui si accedeva a questa specie di Erasmus. L’esperienza brasiliana ha permesso a Emanuele di capire che si possono ottenere grandi risultati utilizzando metodi diversi e non convenzionali nella cultura italiana.
Tornato in Italia ha iniziato a collaborare con la società di Tor di Quinto, con cui ancora lavora, e dopo tre anni è arrivata la chiamata dell’ AS Roma calcio per seguire le giovanili. In quel periodo un allenatore importante dei ragazzi era Vincenzo Montella e quando proprio lui fu chiamato per un cambio di panchina della prima squadra, Emanuele Marra ebbe la grande occasione di seguirlo e cominciare così la sua carriera tra i professionisti.
Negli anni seguenti Emanuele Marra ha seguito Montella con la Roma, il Catania, la Fiorentina, la Sampdoria e infine l’ultima avventura a Milano con il Milan.
Giacomo Catalani:
“Cosa ti ha colpito maggiormente dell’esperienza brasiliana?”
Emanuele Marra:
“Senza dubbio il Brasile mi ha fatto capire per la prima volta che si può allenare e allenare bene anche utilizzando sempre la palla. L’accademia italiana mi aveva dato la convinzione che senza almeno una parte importante di lavoro a secco, era impossibile poter sviluppare dei programmi di allenamento efficaci.
Sono bastati quei sei mesi per convincermi che se era possibile farlo lì si poteva fare anche da noi in Italia. Ancora troppo spesso si parla di preparazione fisica senza considerare abbastanza la specificità di ogni atleta e l’importanza della motivazione.“
Giacomo Catalani:
“Quanto conta per te l’aspetto emozionale per raggiungere gli obiettivi?”
Emanuele Marra:
“Credo si possa mettere al primo posto. Qualunque squadra che voglia ottenere il massimo dalle proprie potenzialità non può prescindere da avere dei rapporti da compagni di squadra, staff e dirigenza di alto spessore umano. Molto spesso, quasi sempre, la qualità di questi rapporti fa la differenza tra stagioni in cui si ottengono risultati impensati all’inizio e stagioni in cui tutto sembra andare dalla parte sbagliata.“
Giacomo Catalani:
“Oggi sei riconosciuto come uno dei preparatori più innovativi, come mai?”
Emanuele Marra:
“Tutto nasce dalla mia tesi di laurea all’Università di Tor Vergata in cui ho sviluppato delle tecniche per comprendere meglio la potenza metabolica applicata al calcio. Questo studio è stato possibile grazie al Professor Di Prampero e al Professor Colli che hanno dato un contributo fondamentale per il successo di questa ricerca applicata al calcio.
Fondamentalmente si è trattato di superare il classico metodo di analisi che comprendeva l’utilizzo della distanza percorsa e degli studi sull’alta velocità raggiunta inserendo il parametro della potenza metabolica che permette di limare il margine di errore nella valutazione dell’effettivo lavoro svolto in campo da un calciatore.
Questo è importante perché nel calcio un atleta raramente raggiunge picchi di velocità mentre compie continui cambi di velocità e di direzione. Questo nuovo metodo di analisi è senza dubbio importantissimo, soprattutto adesso che è possibile legarlo in maniera tutto sommato semplice con i software di Match Analysis.“
Giacomo Catalani:
“Cosa pensi della situazione in Italia?”
Emanuele Marra:
“Il fallimento della nazionale italiana di calcio, che non è andata ai mondiali, ha fatto emergere più che mai le difficoltà del movimento. Per quanto riguarda l’aspetto della preparazione fisica mi sento di dire che in Italia si dà troppa importanza a un certo tipo di preparazione e c’è ancora la convinzione, secondo me errata, che prepararsi bene debba prevedere per forza tanto sacrificio e tanta fatica.
Sono convinto che c’è bisogno di riportare anche nella preparazione il divertimento e la passione, i risultati verranno di conseguenza. In questo senso oggi un preparatore non può non conoscere i principi della didattica e della comunicazione. Questo permette di poter interagire sia con gli atleti che con tutti gli altri membri dello staff, allenatore in primis, in modo ottimale. Pensare al preparatore come quello che prende gli atleti e li fa correre è un errore enorme, oggi non basta più.“
Giacomo Catalani:
“Come è nato il rapporto con Montella?”
Emanuele Marra:
“Intanto bisogna dire che Vincenzo aveva intuito già da calciatore che il lavoro più individualizzato e l’utilizzo costante della palla durante gli allenamenti fosse l’approccio migliore. Lui stesso aveva tratto grandi benefici da un approccio simile, soprattutto negli ultimi anni di carriera. Inoltre Vincenzo aveva avuto modo di conoscere la tecnologia del GPS incontrando Carlo Ancelotti al Chelsea, dove se ne faceva già grande utilizzo, e proprio in quel periodo io stavo lavorando sulla mia tesi di laurea di cui parlavo prima. Detto questo non è stato difficile instaurare fin da subito un rapporto di grande fiducia perché di fondo, se pur da due punti diversi, la nostra conclusione sui metodi di allenamento era la stessa.“
Giacomo Catalani:
“Nella carriera di un professionista ci sono anche momenti difficili, come li affronti??”
Emanuele Marra:
“Il fallimento fa parte del nostro lavoro. Chiunque di noi ha passato momenti in cui sembrava dura uscirne. Sono momenti davvero difficili, ma quando si ha la convinzione di avere competenze importanti proprio quei momenti più difficili sono la scintilla che ti fa fare i salti di qualità più importanti, sia a livello professionale che personale.“