Le fibre muscolari

Di:   ScienzeMotorie  |  6 Maggio 2022

La classificazione delle fibre muscolari è sottoposta dalla letteratura a un dibattito molto aperto, che si relaziona con le nuove scoperte sia negli studi di biologia molecolare che in quelli di fisiologia legata all’esercizio fisico o applicata. Ciò serve come base interpretativa anche per gli addetti ai lavori.

Nonostante il dibattito, possiamo affermare che gli elementi cardine relativi alla suddivisione della fibra muscolare sono quattro:

  • La colorazione della fibra muscolare.
  • La velocità. Le fibre muscolari si suddividono in lente, veloci o rapide e miste.
  • Le sostanze glicolitiche che le fibre usano per la loro contrazione. Tale contrazione rappresenta la loro tipicità per una determinata attività metabolica di degradazione e ricostruzione dei substrati.
  • Gli enzimi. Acceleratori per le reazioni metaboliche, che sviluppano una tipicizzazione per la loro nutrizione e per il modo in cui vengono utilizzati.

La classificazione delle fibre muscolari può variare e ciò può essere osservato in base all’allenamento e all’adattamento di media e lunga durata.

L’esercizio fisico provoca l’alterazione della struttura nella composizione della capacità contrattile delle fibre muscolari. Non si parla di plasticità, anche se gli studi di fisiologia dell’esercizio usano questo termine, ma di un cambiamento indotto dai carichi di esercizio che possono interessare aree diverse delle fibre muscolari. La plasticità è legata all’area nervosa di trasmissione dell’impulso e riguarda le strutture neuronali, i loro percorsi e un’unità motoria, che definiscono un “pacchetto” di fibre muscolari.

La plasticità è l’abilità del Sistema Nervoso (SN) di generare un percorso in funzione di determinate caratteristiche, come ad esempio il numero di ripetizioni di un determinato gesto, alle quali la struttura muscolare si adatta poiché possiede le caratteristiche isochimiche per poterlo fare.

sistema nervoso

Caratteristiche

Tali caratteristiche sono:

  • Fisiche, dovute alla sua massa proteica (proteine contrattili).
  • Metaboliche, capaci di potenziare o perdere la propria capacità contrattile.

Esempio tipico di adattamento plastico, è sottoporre un soggetto non allenato a un protocollo di esercizio di carattere aerobico che preveda 5 giorni di corsa alla settimana, per un anno, incrementando la durata come obiettivo. Il primo mese il soggetto correrà 15 minuti al giorno, il secondo mese 20 minuti e progressivamente con carico incrementale temporale. Dopo un anno è probabile che possa raggiungere un’ora di corsa al giorno.

La capacità è invece riuscire a sviluppare un volume di lavoro specifico e sapere se la muscolatura potrà sopportarlo.

Attività delle fibre muscolari

Questa è una tipologia di esercizio aerobica, poiché con le fasi di adattamento progressivo, in termini di durata, coinvolge l’attività delle fibre muscolari rosse. Quelle bianche, le fibre rapide e glicolitiche che la muscolatura possiede, potrebbero trasformarsi, diventando “rosse” con questa tipologia di allenamento. Le fibre vengono così definite a causa della loro colorazione, in dipendenza dalla loro attività metabolica. Il processo di degradazione e ricostruzione delle proteine avviene con l’ossigeno e per questo necessita di un notevole apporto sanguigno. Le fibre rosse sono molto vascolarizzate e, per la loro tipologia di contrazione, che ha tempi lunghi, necessita di sostanze nutritive che richiedono lunghi tempi di scissione delle loro molecole. Questa è una caratteristica intrinseca della muscolatura che è semplice modificare con allenamenti di resistenza.

L’allenamento che usa protocolli di training intervallati non è altro che una serie di frazionamenti del volume allenante, per tentare di accumulare in modo più rapido i frutti di un esercizio di resistenza. È come se avessimo un magazzino, se mettiamo una serie di scatole sul pavimento, ne potremo sistemare solo un certo numero. Se invece montiamo degli scaffali, possiamo riempire tutto il volume con una quantità di pacchi superiore.

L’atleta allenato alla resistenza fa questo, è in grado di usare tutte le riserve energetiche quando ne ha bisogno, è molto più facile adattare le fibre rosse rispetto a quelle bianche, poiché quest’ultime usano il metabolismo di degradazione delle sostanze metaboliche per contrarsi, un meccanismo di tipo non ossidativo, ovvero attivo in assenza di ossigeno.

È un rapporto esclusivo di natura genetica. Un velocista ha particolari caratteristiche muscolari e possiede una grande percentuale di fibre bianche, che gli permettono di tollerare in modo “eccezionale” il livello di lattato ematico prodotto dalle scorie della contrazione.