La mia collaborazione con il Prof. Carmelo Bosco

Di:   Salvatore Buzzelli  |  26 Febbraio 2021

Io e Carmelo Bosco

Sin da quando ho cominciato, nel 1975, ad interessarmi di preparazione atletica, avevo in mente di proporre per i miei allievi programmi di allenamento personalizzato che fossero organizzati grazie ad una elaborazione computerizzata.

Erano i tempi in cui i preparatori non avevano un ruolo ben definito e la maggior parte erano ex atleti di atletica leggera che applicavano le metodologie che avevano appreso durante la loro carriera di atleti e le riproponevano pari pari, per tutti gli sport in cui si trovavano ad operare.

Io avevo praticato il decathlon e cominciai la mia carriera di preparatore nel tennis concentrandomi sullo sviluppo di aspetti multilaterali. Considerando  il tennis uno sport dalle mille sfaccettature, il tennista come un decatleta, per me avrebbe dovuto preparare tutte le qualità.

L’aver frequentato il biennio della facoltà di ingegneria, ed aver conseguito nel frattempo il diploma di programmatore elettronico, mi aiutò moltissimo nella realizzazione pratica del mio progetto. Come avevo pensato, era quello di poter far elaborare da un computer, i programmi di allenamento. Dopo aver inserito valori ottenuti dall’esecuzione di una batteria di test che scandagliavano le qualità motorie di base: forza, velocità, resistenza e mobilità articolare.

All’epoca però, era il 1980, non esistevano ancora i personal computer ma riuscii a programmare un computer che veniva utilizzato  dai bambini per i videogiochi: il Commodore.

Dopo aver strutturato una flowchart per il software, mi mancava un elemento determinante per ultimare  il mio progetto: essere in possesso di dati statistici di riferimento.

Raccolta dati

Da quel momento iniziai, con strumenti approntati per lo scopo, a raccogliere dati relativi a semplici test da far eseguire a ragazzi delle varie fasce di età e per i due sessi.

Mi costruì un impianto di fotocellule per valutare la velocità. Una pressa dinamometrica per capire l’andamento della forza degli arti superiori ed inferiori e un attrezzo per misurare la mobilità del cingolo scapolo omerale .

Per quanto riguardava la valutazione della forza esplosiva facevo eseguire il “Sergeant Test”. Il salto verticale con una mano che toccava il muro all’apice del salto, con tutti i limiti di attendibilità, veridicità e oggettività che questo test offriva.

Quando il campione di riferimento fu congruo, ne feci un’analisi statistica. Grazie a quello studio statistico, creai finalmente un software specifico per elaborare piani di allenamento computerizzato, assolutamente individualizzato.

In quegli anni, uscì sul mercato la “Pedana di Bosco” che serviva per la misurazione dell’altezza di salti verticali e vari aspetti della forza esplosiva degli arti inferiori e mi sarebbe piaciuto possederne una o crearmene una simile.

Non sapevo come funzionasse e la curiosità di capirne il meccanismo. Rimase fino a quando un mio amico, Lucio Di Tizio, oggi allenatore della Nazionale svizzera di velocità, che a quel tempo lavorava per la Federazione Italiana di Atletica Leggera e ne possedeva una,  me la fece provare.

Era un tappetino a sensori di cui però non si vedeva la natura, collegato ad un sistema informatizzato (Psyon) che acquisiva i tempi di volo e di contatto, di un soggetto che vi saltava sopra, restituendo alcuni parametri relativi ai salti.

Ergojump Bosco System

Il nome reale dello strumento era “Ergojump Bosco System”, il cui costo era improponibile per un semplice ricercatore quale io fossi.

Pensai però, che con le mie conoscenze di elettronica avrei potuto realizzare uno strumento equivalente,  tale da rilevare gli  stessi parametri.

Approntai quindi un sistema che inizialmente utilizzava una fotocellula. In seguito una barriera di fotodiodi (1983) che collegati al cronometro digitale già in mio possesso, mi avrebbe fatto rilevare il tempo di volo e di appoggio di singoli salti verticali. Con quei tempi, avrei potuto ricavare, attraverso formule di fisica, l’altezza di ogni salto e la potenza meccanica espressa in una eventuale sequenza di salti.

H = 1/8* g* t²      

W= (g²*tv*ttot) / (4*n°salti*tc)

Un approccio metodologico più scientifico, sicuramente molto più attendibile del semplice test di Sergeant che proponevo nella mia batteria di test.

Il principio di funzionamento che avevo realizzato, fu adottato nel 1990, per un altro strumento elettronico divenuto famoso:  l’”Optojump”.

Ricordo che spesso mi recavo in un negozio di componenti elettronici ed elettrici per acquistare elementi che mi servivano per le mie realizzazioni. Un giorno vidi un tappetino nero che attrasse la mia curiosità.

Il commesso mi disse che quel tappetino serviva per azionare un allarme, se posizionato sotto un tappeto di casa,  allorquando qualcuno ci avesse appoggiato un piede sopra.

In pratica al suo interno c’erano dei sensori a pressione (barrette in acciaio sottile) che tenute distanziate da un piccolo spessore, in caso di una pressione, chiudevano un circuito alimentato da una batteria che attivava una sirena d’allarme.

La “pedana di Bosco”

Intui immediatamente che potesse essere utilizzato come la “pedana di Bosco”.

Però quel sistema, come si dice in gergo,  era “normalmente aperto”.  L’esatto contrario di come avrebbe dovuto funzionare per rilevare i tempi di un salto.

Infatti perché potesse funzionare con i salti, il tappetino, necessitava che fosse fornito di un circuito “normalmente chiuso”, cioè, nel caso un atleta ci si fosse posizionato al di sopra e tenendo chiusi i contatti, non avrebbe dovuto succedere nulla ma se avesse saltato, quindi togliesse il peso dal tappetino, aprendo i contatti, si poteva azionare un cronometro che avrebbe misurato i millesimi di secondo che l’atleta restava in volo dopo lo stacco per un salto verticale.

Perfetto!!!

Ancora una volta la dimestichezza con i computer mi è venuta incontro e approntando un piccolo circuitino fatto di due transistor e una resistenza, potevo collegare il tappetino alla presa seriale RS232 del computer e, tramite un semplicissimo software fatto di 5 istruzioni di codice in cui si agiva sul “clock di sistema”,  rilevare il tempo di volo, di contatto e avere i dati che mi interessavano: altezza e potenza di uno o più salti verticali.

Avevo realizzato il mio “Ergojump” spendendo 31.000 lire (30.000 il tappetino e 1.000 lire di elettronica) . Molto ma veramente molto meno del costo dell’”Ergojump”.

La storia

Nel giro di pochissimo tempo, i miei amici preparatori vennero a sapere del mio attrezzo e mi chiesero se gliene costruissi uno per ognuno.

Ero felice di far contenti i miei amici che con soddisfazione immensa, poterono utilizzare la “pedana di Bosco”, costruita da Buzzelli.

Carmelo Bosco. Era il 1989

Gli amici parlarono con i loro amici e nel giro di poco tempo ero oberato di richieste.

La cosa arrivò alle orecchie del Prof. Carmelo Bosco che naturalmente non ne fu altrettanto felice. Minacciò di denunciare chi stesse producendo quello strumento, per plagio di brevetto.

Naturalmente io, giovane e privo di esperienza nel settore, mi informai da un amico avvocato che mi ribadì che se c’era un brevetto, Bosco aveva tutto il diritto di farmi causa. Potete immaginare come entrai in ansia.

Non ci dormivo più e ricordo che mi venne anche un periodo di crisi di inappetenza.

Non è mai bello dover affrontare una causa in tribunale per poi essere condannato.

Chiesi di poter leggere il testo del brevetto dell’Ergojump richiedendone una copia all’ufficio nazionale dei brevetti di Roma, all’epoca non c’era internet, e dovetti attendere  del tempo prima che l’avessi tra le mie mani.

Da quella lettura, decisi allora di fare qualcosa di diverso e di evolvere la pedana con elementi migliorativi rispetto a quella ideata da Bosco.

Fu così che, armeggiando tra software e computer, realizzai un collegamento wireless anche con un cardiofrequenzimetro. Iniziai a sperimentare un software che metteva in relazione la potenza meccanica sviluppata in una sequenza di 15 secondi di salti verticali sulla pedana, intervallata da 30 secondi di recupero passivo in cui veniva rilevata la frequenza cardiaca, il tutto per 8 serie.

Il risultato finale mi permetteva di ottenere tanti parametri in poco tempo, a partire dalla forza massima fino alla frequenza di soglia, l’individuazione di un “punto Critico” dato dall’intersezione delle curve della potenza meccanica e della frequenza cardiaca. Tracciate su un piano cartesiano, individuando così lo “stato di forma “ dell’atleta.

Era nato quello che chiamai “Test Alternato by Buzzelli” .

La mia collaborazione con il Prof. Carmelo Bosco

La mia collaborazione con il Prof. Carmelo Bosco

Tutto ciò comunque non mi tranquillizzava sapendo che in definitiva utilizzavo una pedana per rilevare i salti e quindi ero preoccupato per quello che Carmelo Bosco aveva minacciato ma lasciai che le vicende accadessero.

E le vicende accaddero!

Nel giugno 1993, durante il Festival del Fitness che si teneva a Rimini, incontrai il Prof. Carmelo Bosco, grazie ad uno dei miei amici possessore della mia pedana che mi presentò.

Ero molto emozionato nel trovarmi al cospetto di quel “mostro sacro” della fisiologia, era qualcosa che mi entusiasmava e mi incuteva timore al tempo stesso.

Del resto, come per tutta la comunità degli addetti ai lavori, anche per me Carmelo Bosco rappresentava un mito e le sue teorie erano il mio vangelo.

Dopo i convenevoli, sempre con timore che l’atmosfera potesse cambiare all’improvviso, sapendo del carattere del mio interlocutore. Cominciai ad esporre al professore i miei progetti, in particolare quelli riguardanti il “Test Alternato”.

Quando toccai il tasto della potenza meccanica, lui mi chiese in che maniera io la rilevassi ed io, molto contrito, risposi che mi avvalevo di un sistema che utilizzava una pedana a conduttanza.

Lui trasalì e mi disse: ”Ah, sei tu il giovane bolognese che ha clonato la mia pedana!” e di seguito mi ammonì che era lui il proprietario intellettuale del brevetto di quello strumento.

Comunque, contrariamente a come mi aspettassi, continuò dicendo che era curioso di vedere quello che avevo realizzato. Nel giro di poche decine di minuti, insieme anche all’amico comune, Andrea Garulli, ci trasferimmo da Rimini a Cesenatico, dove con la mia ex-moglie Anna, e mia figlia Elena, soggiornavo per il fine settimana ed avevo portato il mio computer e i mie strumenti.

Carmelo Bosco. La scena fu surreale

La mia ex, che aveva con se le chiavi di casa, era in spiaggia e quando la raggiunsi per chiedergliele dicendo: “C’è il Prof. Carmelo Bosco con me che vuol vedere le mie cose”, lei sbigottita e timorosa a sua volta, visto che l’avevo coinvolta con le mie ansie a quel riguardo, si precipitò con me per mostrare il frutto dei miei studi al Maestro.

Io parlavo, ragionavo e spiegavo mentre Carmelo Bosco ascoltava con attenzione.

In particolare lo colpì l’algoritmo che avevo sviluppato per predire la Forza Massima degli arti inferiori partendo dal salto verticale.

Quell’algoritmo era il risultato di uno studio effettuato da un numero elevato di casi testati sia con il salto sulla pedana sia nell’esecuzione di una spinta isometrica massimale alla pressa dinamometrica che avevo realizzato anni prima.

Gli feci notare che alla fine di tutti i test sulla pedana, che restituiva centimetri, un soggetto avrebbe dovuto allenarsi per migliorare la forza, con dei sovraccarichi ed allora avremmo avuto bisogno di effettuare anche dei test di forza con bilanciere o alla pressa per identificarla con chilogrammi ed ottimizzare il carico per l’allenamento.

Ebbene  attraverso quell’algoritmo riuscivo a predire la forza massima con uno scostamento dalla realtà, di circa il ± 3% , percentuale che si sarebbe azzerata, allorquando, seguendo la giusta metodologia di allenamento, si assegnasse un carico percentualizzato,  inferiore alla forza massima di riferimento.

Notai molto interesse da parte di Carmelo Bosco a queste mie parole, soprattutto quando gli spiegai l’intuizione che avevo avuto per calcolare l’accelerazione che  moltiplicata per la massa  restituiva i famosi chilogrammi per l’allenamento.

In fondo lo strumento collegato alla pedana, restituisce lo spostamento verticale del CdG dopo un salto e che questo dipende dal tempo di volo di quel salto ma non dalla massa del soggetto che salta che invece conta quando, a parità di cm di salto, ci si deve allenare.

Chi conosce la fisica sa che integrando il Tempo di volo nella formula 1/2 gt, trova la velocità di uscita dalla pedana e che nel momento prima di saltare, quando il soggetto è fermo,  ha velocità zero.

L’accelerazione non è altro che la differenza tra velocità finale e la velocità iniziale, divisa per il tempo che il soggetto ha impiegato per passare dallo stato di immobilità assoluta a quella di massima velocità, cioè quella che esprime allo stacco per il salto.

Conoscendo la massa del soggetto che salta, si otterrà la forza espressa in Newton, che divisa per l’accelerazione di gravità si trasforma in chilogrammi.

La mia collaborazione con il Prof. Carmelo Bosco

Quello sarà il carico massimo teorico di quel soggetto!!!

Anna, dopo tutte le spiegazioni che avevo fornito, anticipò il parere di Carmelo Bosco e chiese cosa pensasse di tutto quello che avevo realizzato.

Bosco esordì nel suo intercalare siciliano, con una frase che avrebbe fatto sciogliere chiunque.

“Signora, le cose che mi ha fatto vedere suo marito, meritano una pubblicazione internazionale!”

E rivolto a me continuò :“Credo che tu, possa entrare nel mio gruppo di studio a pieno titolo col merito di aver fatto qualcosa di nuovo ed interessante!“ e mi regalò il suo libro “Il Test di Carmelo Bosco” con tanto di dedica .

Sta a voi dire se quell’augurio sono stato capace di onorarlo!

Da li a poco, ci impegnammo con un contratto di collaborazione per sviluppare quello che poi si chiamò “PowerCardio Test”, e la commercializzazione dell’Ergojump a cui fu dato nome di “Ergojump Bosco System Modello Buzzelli” come certifica la scrittura privata che allego a questo scritto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordo che durante quell’estate, mi trovavo a Tignes per seguire la preparazione atletica di due snowboarder di livello mondiale. Mi telefonò  in albergo, dal suo laboratorio in Finlandia e mi tenne al telefono per più di un’ora, per farsi spiegare come poter inserire il congegno di rilevamento della frequenza cardiaca in telemetria, da me realizzato, nel nuovo strumento che stava progettando. Il “Muscle Lab” e in quell’occasione mi invitò ad Jyvaskyla per collaborare con quel progetto.

Potete immaginare la mia soddisfazione.

Lavorare al fianco del grande scienziato, Carmelo Bosco!

Andai ad Jyvaskyla, suo ospite ed in quella occasione mi fece conoscere il prof. Komi

Passammo due giorni interi in laboratorio sempre con le luci accese: era quasi sempre notte da quelle parti.

Mi fece visitare tutta l’Università (Lykunta) e conoscere vari docenti e ricercatori.

Ero affascinato da tutto ciò anche perché in Italia non avevo mai visto laboratori di ricerca sportiva, così ben attrezzati.

L’Università era attigua ad un campo di atletica e alle scuole elementari e li capii anche perché il lancio del giavellotto fosse considerato lo sport nazionale finlandese: fin da bambini, in qualunque condizione metereologica, nelle scuole, veniva insegnato a lanciare all’aperto, ogni tipo di attrezzo.

Nei tempi a seguire ci furono altri scambi di idee e partecipazioni a progetti, insomma ero entusiasta di come la mia carriera stesse evolvendo e decollando in maniera sorprendente.

Lui era sempre molto disponibile nei miei riguardi e quando nel 1996  gli parlai del mio desiderio di entrare a far parte di un gruppo di ricerca di un laboratorio presso l’ISEF di Bologna, scrisse di sua iniziativa, una lettera di presentazione che inviò al Direttore dell’Istituto.

Mi coinvolse in alcune conferenze in Italia a cui era invitato, memorabili furono quelle di Cervia con la Federazione Italiana Fitness  a cui parteciparono centinaia di istruttori di palestra. Quella organizzata dall’ISEF di Bologna, all’interno del  castello di Vignola (Bo) dove mi presentò ai docenti e studenti, come un suo braccio destro in Italia.

Ricordo che in quell’occasione fu ospite a casa mia e dopo un pranzo pantagruelico organizzato da Anna, facemmo una “full immersion” di scambi di idee nel mio laboratorio, che in fondo era la mia cantina, che oggi è il mio “museo” dove conservo tutti i miei prototipi. Parlammo di come implementare il software della pedana con alcune formule che lui aveva sviluppato ed in particolare della Potenza Meccanica.

Quando io esposi che per quel parametro utilizzavo la formula studiata da Bonde-Petersen, lui mi esplicitò quello che aveva studiato e mi suggerì di cambiare quella formula con la sua.

Io non feci una piega e dopo aver cercato sul computer il programma della pedana,  aprii il listato del software per apportare quella correzione. Notai lo sguardo sorpreso del professore nel vedermi assorto, immerso tra le infinite righe di istruzioni scritte in “Qbasic”, con stupore mi chiese “Ma lo hai scritto tu il codice?” ed io di rimando e con umiltà risposi “Certo, ho imparato anche per non dipendere dal tempo di nessun altro!”

Quando gli studenti o miei followers vengono a trovarmi, li porto a vedere il mio “museo” e tra le varie cose racconto anche l’aneddoto del prof. Carmelo Bosco che ha schiacciato un pisolino in quel luogo che anche per questo, è considerato “magico”.

Purtroppo il suo peregrinare nel mondo e il mio essere obbligato a rimanere stabile a Bologna per essere sempre presente nel liceo dove insegnavo e per motivi di famiglia. Non ci hanno permesso di frequentarci abitualmente, ma ci sentivamo spesso per telefono o su internet.

Quando seppi della sua malattia, lo sentii più volte per sapere più precisamente  e rimasi scosso e addolorato quando appresi della sua scomparsa nel 2003.

L’anno successivo, tornai ad Jyvaskyla dove mia figlia frequentò l’ultimo anno di Scienze Motorie , e dove  strinse amicizia con le figlie del Prof. Carmelo Bosco, Carla e Manuela che vivevano li e che frequentava abitualmente.

Salvatore Buzzelli e la figlia Elena

Con mia figlia Elena

Prof. Carmelo Bosco, per me un ricordo indelebile di un grande uomo ed un periodo fantastico dal punto di vista professionale.

Il prof. Carmelo Bosco, un eccelso scienziato che tutto il mondo ha ammirato e che ancora vive con i suoi studi nella scienza delle sport.