Il controllo dell’ansia è spesso motivo di disagio da parte dello sportivo e di richiesta di intervento dello psicologo dello sport.
Va detto che un grado di tensione o di preoccupazione sono normali quando si deve affrontare una gara, o un esame scolastico, ma maggiore è il grado di ansia che l’atleta sperimenta, maggiori saranno gli ostacoli che disturberanno la prestazione.
Cos’è l’ansia
L’ansia è una manifestazione psicologica che tende a coinvolgere l’atleta in processi di natura fisiologica, comportamentale che psicologica.
I processi di natura fisiologica rappresentano la condizione necessaria per poter affermare che quell’individuo è ansioso. Le modificazioni a carico del sistema nervoso vegetativo sono complesse e variano da individuo ad individuo. Nella stessa situazione che provoca stress si possono avere reazioni differenti che dipendono dal tipo di dominanza del sistema nervoso vegetativo. il sistema nervoso vegetativo è influenzato dallo stato del soggetto, dalla sua storia, come dalla sua personalità.
Nell’ansia troviamo aspetti comportamentali come quella di fuga (fuga immaginata, magari lo vorrebbe….) oppure di immobilità con l’atleta rigido, quasi “paralizzato” dalla tensione fisica e nervosa.
La caratteristica principale del comportamento ansioso è determinata, a livello psicologico da un senso di confusione, insicurezza, incapacità a concentrarsi, da difficoltà a prendere decisione conseguentemente di seguire la strategia idonea alla situazione agonistica.
Ansia di stato e di tratto
L’ansia la possiamo definire come uno stato di agitazione accompagnato da sentimenti di stress. L’ansia può essere distinta in ansia di stato e di tratto.
- L’ansia di tratto si riferisce a differenze individuali, relativamente stabili nella persona, a percepire un’ampia gamma di situazioni come pericolose o minacciose. Questi soggetti manifestano, infatti, livelli di attivazione elevati nella maggior parte delle situazioni.
- L’ansia di stato è uno stato emotivo temporaneo, che varia d’intensità, fluttua nel tempo ed esprime la tendenza dell’individuo a diventare ansioso solo in situazioni specifiche. In questi casi, grande importanza hanno gli stimoli ambientali che influenzano l’ansia di stato.
Importante è comprendere come nell’ansia quello che fa la differenza è come l’atleta percepisce le situazioni e le sue manifestazioni ansiose e di conseguenza come indirizza questo tipo di attivazione e di energia. Non è l’ansia che blocca la prestazione!
La nuotatrice Benedetta Pilato nel 2021 commentando una sua gare alle olimpiadi di Tokyo ha affermato: “Ho fatto una gara orribile non so cosa mi è successo….davvero non me lo spiego, nei giorni scorsi avevo l’ansia ma oggi stavo bene, ero tranquilla anche troppo prima di salire sul blocco”. Le compagne di squadra, invece, chiamate a commentare la sua gara hanno dato una versione opposta: l’avevano vista molto agitata.
Questo dice come l’ansia sia spesso difficile da decifrare e da incanalare verso la performance ideale. Sappiamo che troppa ansia è negativa come è negativa la troppa tranquillità.
Ogni atleta ha la propria zona di attivazione ottimale, si chiama I.Z.O.F., in gergo psico-sportivo: Individual Zones of Optimal Functioning, all’interno della quale è possibile realizzare prestazioni ottimali e raggiungere la peak performance.
Un atleta maturo ha una conoscenza più profonda dei propri meccanismi di autoregolazione e sà come gestirsi in competizioni ad alto tasso di stress e riesce con maggiore facilità ad andare in quella finestra ottimale di attivazione che gli permette poi di performare al meglio.
Noi però possiamo aiutare il nostro atleta ad individuare la propria zona ottimale mediante l’allenamento mentale, creando la routine pre-gara ad esempio.