Negli ultimi anni stiamo assistendo all’espansione tra agonisti, amatori e semplici appassionati di corse a competizioni in pieno stile militare, le cosiddette Obstacle Race.
In queste discipline, vengono alternate fasi di corsa su terreni vari ad ostacoli di varia natura, dove l’obiettivo principale è rappresentato dal completare la gara entro un tempo limite, stabilito in base alla distanza da percorrere, diventando così un Finisher della competizione.
Le più famose competizioni internazionali sono la Spartan Race e la Mud Run.
Queste gare sono aperte a chiunque, senza limitazioni di sesso, età o grado di preparazione fisica e molto spesso chi partecipa non valuta attentamente la possibilità di potersi infortunare, soprattutto all’articolazione tibiotarsica.
Nello sviluppo dei programmi di lavoro, finalizzati alla preparazione fisica di queste competizioni, spesso non si considerano con la giusta ponderazione alcuni aspetti fondamentali, focalizzando l’attenzione unicamente sull’allenamento specifico di corsa o sul potenziamento muscolare classico.
Questa attività proietta l’endurance ai massimi livelli, spesso elevandoli ai limiti ed a volte spingendosi anche in una sfera estrema per distanze, tempi, condizioni ed ambienti (fango, roccia, condizioni climatiche avverse, salite e discese impervie, dislivelli, zavorre, muri, ecc.) che aggiungono un ulteriore condizione di “handicap” per la corsa.
La difficoltà dei percorsi, i continui e spesso imprevedibili cambi di appoggio, condizionano in modo rilevante il gesto atletico e tecnico della corsa, influenzando inesorabilmente posture e assetti podalici.
Le varianti di appoggio e le percentuali di pendenza coinvolgono in maniera completa i distretti anatomici normalmente sollecitati dalla corsa. Questo comporta un maggior grado di traumaticità del gesto a livello articolare (soprattutto dell’arto inferiore) che interessa legamenti, tendini, distretti muscolari e capsule articolari in funzione della necessità di trovare la giusta stabilità ed equilibrio come ad esempio lungo discese viscide e ripide, o nel superamento in corsa di improvvisi ostacoli naturali.
Da tali peculiarità si evince la fondamentale importanza di aspetti quali la stabilità, l’equilibrio, il controllo e l’efficienza dell’apparato propriocettivo, al fine di limitare al massimo infortuni e lesioni che spesso possono rilevarsi invalidanti.
Sarà importante dunque strutturare la programmazione della preparazione fisica senza prescindere dalla componente funzionale, che consente in allenamento di creare le basi non solo per incrementare il livello prestativo, ma anche e soprattutto per rendere meno traumatica e logorante l’attività, riducendo al massimo il rischio di infortunio.
Il focus del lavoro dovrà incentrarsi dunque sullo sviluppo della forza funzionale, inteso come un approccio globale che andrà a richiamare i distretti muscolari interessati al gesto con variazioni di appoggio, inserendo dunque componenti propriocettive che richiamino i differenti ed imprevedibili tipi di terreno.
Vediamo alcuni esempi di esercizi funzionali utili al raggiungimento di questi obiettivi:
Esercizio 1:
Affondi con torsione con palla medica
Dalla posizione di partenza, con arti inferiori divaricati alla stessa larghezza delle spalle e tenendo una palla medica con gli arti superiori distesi in avanti, eseguire un affondo avanti, abbinando una torsione del busto lateralmente rispetto all’arto inferiore che avanza.
Durante la torsione le braccia rimarranno distese, mentre il busto eseguirà una torsione per consentire il movimento.
Compito di questo esercizio, oltre a potenziare gli arti inferiori, sarà di consentire un impegno dei muscoli del CORE. Difatti durante la torsione l’obiettivo è di mettere in giunzione i vari anelli che compongono la catena cinetica crociata (in questo caso l’arto superiore che va in direzione di quello inferiore), che è quello che avviene durante la tecnica di corsa. Per quel che concerne invece il potenziamento degli arti inferiori, l’affondo rispetto ad altri esercizi risulta più funzionale perché impiega quei muscoli che proiettano in avanti il corpo durante la corsa, mentre durante la fase di ritorno vengono interessati quei muscoli che consentono la frenata durante ad esempio la corsa in discesa.
Esercizio 2:
Jump con contro-movimento e arrivo su Bosu
Posizionati a terra di fronte ad un Bosu, eseguire con un contro movimento un balzo verso l’alto-avanti, atterrando sull’attrezzo, flettendo gli arti inferiori.
L’obiettivo di questo esercizio, oltre al potenziamento degli arti inferiori, sarà lo sviluppo dell’equilibrio, il rafforzamento e la stabilizzazione del complesso osteo-muscolo-legamentoso di caviglia e ginocchia, nonché della core stability.
Lo stesso esercizio per renderlo più funzionale potrà essere eseguito giungendo in appoggio monopodalico in fase finale.
Esercizio 3:
Step up con partenza sprinter su Bosu
Posizionandosi in appoggio monopodalico sul centro del Bosu e in posizione di corsa, portare il ginocchio della gamba di spinta verso l’alto coordinando il movimento del tronco e degli arti superiori, simulando il gesto tecnico della corsa. Mantenere la posizione di arrivo e tornare alla posizione di partenza, curando la fluidità del movimento.
L’obiettivo di questo esercizio oltre a migliorare l’equilibrio e la stabilizzazione dell’intero corpo, sarà il rafforzamento del complesso osteo-muscolo-legamentoso di ginocchia e caviglia.
Esercizio 4:
Single deadlift con kettlebell
Dalla posizione eretta tenendo un kettlebell con entrambe le mani, flettere il tronco rimanendo in appoggio monopodalico e mantenendo l’arto inferiore sospeso in linea con il tronco. Tenere la posizione di arrivo per alcuni secondi e ritornare alla posizione di partenza.
L’obiettivo di questo esercizio sarà il potenziamento dei muscoli flessori della coscia, la stabilizzazione dell’intero corpo ed il miglioramento della capacità di equilibrio monopodalico.
Esercizio 5:
Nordic Harmstrings
In appoggio sulle ginocchia e con i talloni vincolati ad una spalliera, iniziare a scendere lentamente in avanti con il busto mantenendolo in asse con le cosce. L’intero movimento dovrà avvenire lentamente attraverso la contrazione eccentrica dei muscoli flessori della coscia.
Completare l’esercizio arrivando con petto a terra per lavorare sull’intera lunghezza del muscolo.
L’obiettivo dell’esercizio è il potenziamento dei muscoli flessori della coscia in eccentrico, infatti questo complesso muscolare durante la corsa ha un’azione cosiddetta di “frenata”, vale a dire che durante la fase di appoggio al suolo del piede questi muscoli mentre si contraggono vengono allungati, questo perché la forza sviluppata da parte del muscolo, non supera la resistenza data dall’appoggio al suolo da parte del piede.
Pianificare la preparazione fisica
Appare evidente la circostanza secondo cui per via delle condizioni già evidenziate, soprattutto relative agli appoggi instabili, le condizioni climatiche, i percorsi accidentati, gli imprevisti spesso imponderabili, gli ostacoli ed in alcune gare anche il lato estremo, questa specialità può considerarsi di tipo traumatico.
Si evince quindi l’importanza di pianificare nella preparazione fisica sedute di allenamento volto al miglioramento della forza funzionale.
È conseguentemente necessario intervenire attraverso un lavoro altamente specifico e performante, con l’obiettivo non solo di incrementare la prestazione, ma anche di aumentare lo sviluppo armonico del corpo e la prevenzione degli infortuni.
Ricordiamo ad esempio che avere addominali forti ma non stabili, una buona tecnica di corsa ma una caviglia poco mobile o instabile, una muscolatura degli arti inferiori potente ma non elastica o non sinergica, possono essere cause di infortunio.
È di tutta evidenza che programmazioni focalizzate unicamente sulla corsa o sulla forza classica, non solo non risultano pienamente efficaci ai fini prestativi, ma sono anche carenti relativamente alla forza funzionale e core stability, aspetti fondamentali per preparare un atleta (appassionato, amatore o agonista) in modo completo e sicuro.