“Avere un contratto a tempo indeterminato è impossibile”, a denunciarlo è Giovanni Cucchi, laureato in Scienze motorie e fisioterapia. Perché per lavorare nel settore sportivo o si è costretti ad aprire una partita Iva per collaborare con i centri fitness o si lavora con contratti di collaborazione occasionale. Oppure in nero.
“Spesso le palestre preferiscono gli studenti non ancora laureati che accettano di essere retribuiti con cifre irrisorie e cedono al nero”, spiega Amelia Fiorilli, delegata per l’orientamento della Facoltà di Scienze motorie dell’Università di Milano. Il tutto con salari non incoraggianti: “La media per un insegnante di corsi di fitness è di 18 euro netti all’ora, un istruttore di sala pesi prende 8 euro all’ora”, racconta Stefano Carlini, formatore della Federazione Italiana Fitness, una delle poche associazioni (private) presenti nel settore.
Spesso viene negata la possibilità di lavorare in più di una palestra ed è difficile che una struttura conceda più di 12 ore settimanali a un solo istruttore. Dunque, a conti fatti, è quasi impensabile riuscire a mantenersi. Forse per questo la nuova tendenza è quella del personal training e della promozione di se stessi come professionisti: “Chi ha molti soldi non rinuncia alla forma fisica e cerca qualcuno che lo segua, per questo la figura del personal trainer non è in crisi”, precisa Carlini. E aumentano anche i compensi orari che passano a 30/40 euro all’ora.
Tutela del settore
Ma il problema maggiore è la mancata tutela del settore: non esistono albo né associazioni di categoria e può lavorarci chiunque. Una professione non riconosciuta a cui può accedere anche un qualunque avventore di palestra intraprendente: “Molti lo fanno come secondo lavoro – prosegue Carlini – iniziano perché si appassionano a una disciplina di fitness e a volte vengono a uno dei nostri corsi per specializzarsi”.
Poi c’è chi studia: laurea triennale, specialistica e magari master. Ed entra in una giungla in cui ad avere la meglio non è chi è maggiormente preparato a livello tecnico e teorico ma chi porta in sala più persone: “Un punto di forza del settore è che è meritocratico a livello commerciale: se foste un gestore di palestra chi assumereste tra un laureato che attira a un corso pochi utenti e un non laureato carismatico che riempie la sala? E chi paghereste di più?”. Sì, perché anche sulle tariffe orarie, vale la norma della promozione di se stessi e della contrattazione.
Per i laureati in Scienze motorie di fare l’allenatore in una squadra di qualsiasi disciplina sportiva non se ne parla, anche se sarebbe il sogno di molti, perché gli sport pagano sufficientemente solo ad alti livelli, dove i posti sono pochissimi. Un’ultima opportunità, e in questo caso la laurea è requisito imprescindibile, è insegnare educazione fisica nelle scuole, solo ambito che offre la possibilità di un contratto “sicuro”.
Ma se nel resto dei casi accedere alla professione è difficile in questo la scalata al posto è davvero un’impresa: “Quest’anno per la prima volta è stato istituito il Tfa, Tirocinio Formativo Attivo, – conclude Fiorilli – che prevede, dopo la laurea quinquennale, un altro anno di studi a pagamento. In Lombardia i posti erano 35 e al concorso hanno partecipato 850 persone”.