Cos’è la catena flessoria e che funzione ha?
La catena flessoria è quella catena muscolare che permette al nostro corpo di flettersi attivando in sinergia una concatenazione di muscoli a partire dal dorso del piede fino ai muscoli massetere e temporale.
Al contrario della catena estensoria, la flessoria tende a prendere il sopravvento su quest’ultima durante l’età evolutiva favorendo un atteggiamento in chiusura del giovane adulto conseguentemente allo stile di vita della persona.
Soggetti con un’iperattivazione di questa catena sono persone sedentarie che svolgono lavoro di ufficio o che studiano per lunghi periodi.
La catena flessoria è composta quindi da una serie di muscoli, in ordine ascendente troviamo:
- Estensore lungo delle dita
- Estensore breve delle dita
- Tibiale popliteo
- Ischiocrurali (nella sua componente di flessore di ginocchio)
- IleoPsoas
- Piccolo Psoas
- Otturatori
- Retto femorale
- Coppia tensore – sartorio
- Retto addominale
- Intercostali
- Sternocleidomastoideo
- Sopra e sotto ioidei
- Massetere
- Temporale
La sua funzione è quella di flettere il corpo portandolo in una posizione di chiusura, e per farlo è necessario fare un’attivazione sinergica di diversi muscoli del corpo, partendo da una flessione dorsale di caviglia fino ad arrivare alla flessione del capo.
Nell’analizzare uno sport che preveda una buona parte del gesto sportivo specifico in atteggiamento di flessione si potrebbe prendere ad esempio il ciclismo.
In questo sport l’atleta è costantemente in un atteggiamento di flessione “statica” della parte craniale del corpo, dal bacino fino alla testa. Mentre con la parte caudale, gli arti inferiori, alterna in maniera ciclica attivazioni della catena estensoria, fase di DRIVE, con attivazioni della catena flessoria, fase di DRAW.
La fase di spinta (drive) è importante tanto quanto la fase di richiamo (draw) perché si crei quella che viene definita in gergo pedalata “rotonda” ovvero un gesto sinergico, economico e il più efficace possibile.
Come valutare la catena flessoria?
Partendo dal concetto di ruolo e funzione della catena flessoria visto in precedenza e non avendo linee guida in letteratura specifiche di una sua possibile valutazione dovremmo analizzare 2 fattori:
- L’elasticità (intesa come tensione e lunghezza dei muscoli che la compongono).
- La forza (intesa come integrità e tenuta contro forza una esterna).
Parliamo sempre di un’analisi di carattere globale, che può già darci indicazioni per una successiva valutazione analitica delle sue componenti più rigide o deboli.
Quello che proponiamo è quindi seguire il decorso della catena mettendo in flessione le sue componenti per valutarne la mobilità in posizione ortostatica attraverso un bending test e la sua tenuta in posizione supina contro gravità tramite un hollow position e le sue possibili varainti.
Nella valutazione in ortostatismo ci concentreremo quindi sul visionare l’armonia del gesto valutando l’iperestensione o il grado di flessione delle ginocchia, il possibile shift posteriore del bacino, la capacità di sroltolamento della colonna vertebrale, analizzando il grado di flessione del bacino e l’iper o ipomobilità del tratto lombare e dorsale. Per ultima anche quanto il soggetto è in grado di avvicinare le mani al suolo.
Nella valutazione in posizione supina esamineremo invece l’integrità del gesto e la sua tenuta in termini di durata (circa 20”/30”) applicando anche una leggera resistenza nelle parti distali, caudale e craniale.
Esempio clinico: sindrome flessoria
La sindrome flessoria è una sindrome rachidea con alterato rapporto elasto-tensivo tra i quadranti craniali caudali e anteriori/posteriori.
E’ comune nei giovani maschi che effettuano numerose flessioni lombari o che per motivi lavorativi o di studio stanno per numerose seduti, impiegati, studenti e autisti.
Spesso questi soggetti presentano una postura ipolordotica e atteggiamento di scivolamento in avanti del bacino con chiusura del cingolo scapolare.
A questa sindrome tende ad associarsi una patologia discale come bulging o ernie.
Di conseguenza si sconsigliano le sedute di divani e poltrone specie con gli arti inferiore in completa estensione, perché accentuano la già scarsa ipolordosi lombare.
Si può notare dal bending test una marcata discrepanza tensionale tra arti e bacino rispetto al tronco, evidenziando un accorciamento del quadrante craniale anteriore (addome e pettorale) e caudale posteriore (ischiocrurali) e un iper-allungamento con possibile debolezza del quadrante craniale posteriore (zona lombare e dorsale) e caudale anteriore (quadricipite nella sua componente di estensore di ginocchio).
La proposta di esercizio comprenderà quindi un allungamento fatto in postura, mantenendo le corrette curve della colonna, della componente accorciata e un rinforzo di quella debole come nella sequenza di seguito, senza estremizzare le posizioni:
Esempio sportivo: quando ha senso valutare la catena estensoria?
Se pensiamo a qualsiasi gesto sportivo in cui questa catena venga attivata ripetutamente ad elevate tensioni massimali, submassimali o per lunghi periodi di tempo, come negli sport di endurance, è normale pensare che col tempo la postura e l’economia del gesto del nostro atleta possa subire dei cambiamenti e/o modifiche se non viene mantenuto un “equilibrio” globale.
Dobbiamo infatti ragionare sempre sul fatto che per ogni catena attivata ne abbiamo sempre una contrapposta il cui scopo è il mantenimento di un buon controllo del gestuale e coordinativo.
Un marcato inbalance di forza ed elasticità tra le 2 catene può portare nel tempo a problematiche di natura tecnica, se pensiamo al gesto sportivo specifico, o patologica se parliamo di infortuni.
Riproponiamo quindi l’esempio del ciclista e pensiamo a per quanto tempo deve mantenere la posizione in sella in atteggiamento di flessione del busto mentre deve cercare di esprimere la miglior efficacia del gesto o la maggior potenza possibile durante la pedalata. Alternando in maniera sinergica e contrapposta l’attivazione della catena flessoria e estensoria sugli arti inferiori.
Capiamo subito quanto l’una può influenzare l’altra e cambiare totalmente, in caso di un marcato inbalance, l’economia del gesto e la conseguente performance sportiva.
E’ dunque importante valutare sempre questo equilibrio e agire in maniera mirata.
Restando sull’esempio proposto si verifica una discrepanza tensionale tra muscolatura anteriore craniale, ischiocrurali, retto femorale e tibiale anteriore, iper attivata, e quella posteriore craniale, gluteo, quadricipite e tricipite surale, ipo attivata.
Proponiamo 3 esercizi atti a riequilibrare il gesto applicando su uno un allungamento statico in postura e su due un rinforzo selettivo, con marcata componente di Hip drive.
Bibliografia:
- Thomas W.Mayers. Meridiani Miofasciali. Terza Ed. Tecniche nuove, Milano, 2016
- Saverio Colonna. Le catene miofasciali in medicina manuale,il rachide Edizioni Martina, Bologna, 2006
- F. Hug e S. Dorel, Electromyographic analysis of pedaling: A review ; Journal of Electromyography and Kinesiology 19 (2009) 182–198