Calcio e apprendimento: Analitico, Situazionale o… Funzionale?
Nel mondo in generale ed in particolare nel mondo del calcio molto spesso si tende ad innovarsi (ottimo) chiudendo però i periodi innovativi precedenti catalogandoli come vecchi, salvo poi in alcuni casi correre ai ripari e ritornare sui propri passi.
Facendo alcuni esempi:
- Passaggio dalla marcatura a uomo a quella a zona (a cavallo tra gli anni 80/90) con il gioco a uomo considerato obsoleto. Salvo poi iniziare a valutare che questo brusco cambio di rotta faceva perdere la capacità di marcare l’uomo (anche solo su un calcio piazzato). E ricominciare a insegnarlo. Fino a giungere a marcature preventive e gioco uomo a uomo (nella propria zona di competenza)
- Passaggio dallo stretching fondamentale allo stretching dannoso sotto ogni sua forma. Per poi giungere ad un compromesso come ad esempio i tempi di inserimento dello stretching nelle varie sedute o il tipo di allungamento da eseguire.
Molto spesso a creare confusione non è l’ideatore del concetto o della teoria. In una sorta di telefono senza fili, coloro che emulano e sposano in pieno quel metodo senza conoscerne le basi.
Questo articolo ha lo scopo di valutare ed interpretare alcune capacità del nostro cervello. In modo da poter individuare i concetti che stanno alla base della scelta tra analitico e situazionale (ora sembra l’unica via percorribile nel calcio catalogando l’analitico come vecchio).
Per questo la domanda di partenza sarà: DI COSA STIAMO PARLANDO?
PARLIAMO DI TEORIE DI ALLENAMENTO – Arriveremo a parlarne ma non sarà la fase centrale del nostro articolo
CAPACITÁ – Sicuramente di capacità tattiche, tecniche, di scelta, coordinative e di capacità motorie in generali
APPRENDIMENTO – Con i metodi di assimilazione motoria migliori e la capacità del nostro cervello di immagazzinare e riprodurre ciò che si è appreso
CONOSCIAMO IL CERVELLO
Innanzitutto bisogna conoscere per giudicare. Partiamo col sapere come il nostro cervello organizza l’apprendimento motorio. Suddiviso in tre livelli di gerarchia per il controllo:
- Il livello più alto è rappresentato dalla STRATEGIA e comprende le aree della neocorteccia associativa e dei gangli della base.
- Il secondo livello è quello della TATTICA, nella corteccia motoria e nel cervelletto.
- Il terzo livello gerarchico è l’ESECUZIONE nel tronco encefalico e midollo spinale con l’attivazione di motoneuroni per il gesto motorio o il controllo posturale.
Questa classificazione, di base, ci dirà che in un gesto motorio qualsiasi, ad esempio un gesto calcistico complesso (fase situazionale) ci sarà gerarchicamente prima la strategia. Quindi mentre un giocatore conduce palla e deve vedere cosa succede attorno a sé e soprattutto sentire come lavora il proprio corpo la neocorteccia riceverà informazioni recettoriali (visive, uditive, cinestetiche, propriocettive). Di come il corpo è posizionato nello spazio. A questo punto dovrà decidere come proseguire (condurre, passare corto, lanciare, ecc, ecc…). Quindi intervengono i gangli della base che filtrano tutte queste alternative e le reinviano per via afferente alla corteccia. Che prenderà la decisione finale basata principalmente sulle esperienze passate. (Nota da tenere ben presente e che approfondiremo nel corso dell’articolo).
Gerarchicamente subentra poi il secondo livello. Si attivano la corteccia motoria ed il cervelletto per prendere la decisione tattica (area pre-motoria). Invia questa scelta al tronco cefalico ed al midollo spinale (terza scala gerarchica) per la fase di esecuzione del movimento corretto e coordinato. Ad esempio il piegamento dell’arto in appoggio e l’oscillazione di quello libero per effettuare un lancio, gestendo anche le contrazioni/decontrazioni in gestione tonico posturale.
In poche parole in gerarchia il primo livello rappresenterà l’ingegnere, il secondo livello è il geometra di cantiere ed il terzo livello gli operai che eseguono praticamente. Per costruire una casa posso avere solo una delle tre figure?
Ma proseguiamo con le analisi di codifica del nostro encefalo passando ai tipi di memoria, infatti se voglio allenare devo permettere al mio atleta di immagazzinare le informazioni.
COME IL CERVELLO IMMAGAZZINA LE INFORMAZIONI
Anche qui parleremo di capacità cerebrali e non ancora di metodi, toccando le principali capacità di immagazzinare le informazioni apprese dal nostro encefalo (non tratteremo tutti i tipi di memoria ma considereremo solo per l’utilità di apprendimento motorio).
Possiamo innanzitutto suddividere la memoria in DICHIARATIVA e NON DICHIARATIVA
Memoria di lavoro: è una memoria a brevissimo termine che ci serve istantaneamente. Ad esempio ricordarci un numero di telefono per poi scrivercelo e quindi dimenticarlo.
Memoria dichiarativa: che può essere SEMANTICA (a noi non interessa parchè si basa sui fatti, ad esempio quello che apprendiamo a scuola e diamo poi per verità assoluta). EPISODICA cioè con esperienze di vita, questa memoria ricorda situazioni che si sono create in passato (attraverso l’attivazione del lobo temporale mediale e del diencefalo) e che sono recuperabili in MANIERA CONSAPEVOLE.
Facciamo un esempio: vado in macchina e percorro una strada che avevo già fatto una volta. La mia memoria (sotto un mio sforzo di concentrazione) mi ricorda di non girare alla prima via ma alla seconda (magari avevo sbagliato la volta precedente e quindi me lo ricordo).
Un esempio calcistico:
il giocatore già nominato sopra che sta conducendo palla si ricorda che contro quella squadra il difensore centrale che ha già affrontato più volte, in situazioni simili a quella (ad esempio nella scappata alla porta) non è bravo nella lettura delle traiettorie e quindi potrà a livello STRATEGICO valutare di utilizzare come arma un lancio sopra la testa di quel giocatore.
Cominciamo a inserire l’organizzazione motoria del cervello con la memoria:
PRIMA FASE GERARCHICA (strategia) recuperabile attraverso la MEMORIA DICHIARATIVA SEMANTICA (in modo consapevole).
Importante aggiungere che la memoria dichiarativa si forma prima ma è più facile da dimenticare. Tradotto nella pratica significa che il risultato si ottiene in poco tempo (anche meno di una stagione calcistica) ma se le situazioni non sono ripetute con continuità si dimenticano velocemente (un giocatore fermo da tempo che si è allenato in tutti gli aspetti ma non ha ancora giocato si dice che non abbia “i tempi di gioco”).
Memoria non dichiarativa:
suddivisa in PROCEDURALE (si attiva lo striato), MUSCOLO SCHELETTRICO (il cervelletto, attivato anche per la fase tattica motoria), EMOZIONALE (amigalda). Potrebbero interessare per il gioco del calcio tutte e tre ma principalmente le prime due. Dalle informazioni afferenti dei gangli della base si attiva lo striato (nucleo caudato e putamen) che invia informazioni alle aree corticali coinvolte. Una sorta di intermediario che riceve input e li trasforma attraverso delle associazioni procedurali e muscolo scheletriche (imparo a suonare il pianoforte e me lo ricordo nella teoria ma anche nella coordinazione motoria per farlo) oppure emozionali (ho preso un pugno una volta e me lo ricordo automaticamente in una situazione simile). Questo tipo di memoria ha un recupero AUTOMATICO e si forma creando PATTERN MOTORI attraverso un gesto RIPETITIVO E CODIFICATO.
Sviluppando questo aspetto a livello neurofisiologico è stato visto che per CONSOLIDARE LA MEMORIA a lungo termine gli ENGRAMMI si formano solo ripetendo gli input in maniera continua, formando una rete neurale che parte da sinapsi temporanee che si creano tra neocorteccia ed ippocampo. Una connessione continuata tra queste sinapsi permette di creare al cervello una rete neurale permanente che servirà come pre-codifica da utilizzare al momento giusto (a livello posturale riabilitativo si parla anche di engramma disfunzionale quando vengono ripetuti gesti o posture scorrette per tanto tempo e il corpo mantiene quella memoria allungando i tempi del problema).
In parole povere il cervello crea delle reti neurali variando la plasticità cerebrale solo attraverso gesti ripetitivi che permetteranno un dispendio energetico minore al momento in cui dovrà essere recuperato quel pattern.
ATTENZIONE:
La capacità sinaptica plastica (capacità di creare automatismi) decresce di oltre il 50% dopo l’età puberale. Questo significa che se lavorassimo tutto in situazionale prima di quella età non permetteremmo un buon sviluppo di pattern motori importanti nei ragazzi (età sensibili).
Ecco perché esistono giocatori più abili e veloci ad eseguire un determinato gesto, questo è anche il motivo per cui un giocatore che impara una finta (apprendimento e memoria a lungo termine) la ripete nei momenti in cui serve (deve essere bravo a ripeterla al momento giusto -strategia- e tempi giusti -tattica-) sempre allo stesso modo.
Un altro esempio non calcistico:
Se dobbiamo preparare una cena con più portate e siamo gli unici organizzatori ed esecutori della serata tra amici dovremo essere in grado di CUCINARE, di PREPARARE la tavola con le varie portate e di PORTARE i piatti coi tempi giusti senza far aspettare troppo. Se non siamo in grado di fare una delle tre cose dovremo organizzarci ma per forza la serata NON SARÁ PERFETTA. Addirittura potremmo migliorare ancora di più il servizio se prepariamo le ricette in anticipo facendoli diventare PIATTI PRONTI.
I piatti pronti saranno i PATTERN MOTORI, l’organizzazione sarà la STRATEGIA, la capacità di gestire i tempi di uscita delle portate sarà la TATTICA e la capacità di cucinare (PRIMA della serata) sarà L’ESECUZIONE.
Torniamo ad esempi calcistici. Il nostro calciatore che sta conducendo palla dovrà ricevere indicazioni sensoriali, elaborarle e studiare una strategia (se non riesce a fare questo la sua azione sarà finita prima di iniziare). Dovrà poi fare la scelta giusta al momento giusto facendo intervenire la fase gerarchica tattica (arrivato a questo punto se sbaglia la scelta non potrà essere efficace. Anche se farà il lancio più bello possibile. Ma la palla finirà ad un giocatore marcato sulla bandierina non sarà mai utile quanto un semplice passaggio ad un altro compagno libero in area). Dopo la scelta dovrà fare una giocata giusta con tempi di esecuzione più rapidi possibili (altrimenti su questo errore rimarrà la solita indicazione dei mister). Buona l’idea. Ma in realtà non bastano le idee se non le concretizziamo.
PARLIAMO DI CALCIO
Avendo ormai capito come il cervello lavora vediamo come si allenano le tre codifiche cerebrali motorie e come la memoria a lungo termine può influire sull’efficacia dell’apprendimento calcistico.
- La STRATEGIA in generale si allena in maniera completa solo con LA PARTITA. L’allenamento mi permette di migliorare una memoria consapevole che mi permetterà consciamente di “avere più esperienza” e reclutare consciamente tutte le mie armi per ANTICIPARE le giocate mie e dell’ambiente esterno.
- La TATTICA si allena con tutti gli esercizi SITUAZIONALI che permettono di focalizzare un problema complesso, mettendo la lente di ingrandimento su una scelta da eseguire GIUSTA NEL MOMENTO GIUSTO. Avendo la capacità di recuperare la memoria episodica (esperienze di vita) che è stata catalogata in reti neurali.
- L’ESECUZIONE si allena con esercizi ripetitivi o scomposizioni biomeccaniche (si possono ad esempio rendere funzionale i tanto utilizzati esercizi coordinativi per creare schemi motori) che mi permetteranno di creare PATTERN MOTORI da offrire alla fase tattica per ESEGUIRE il gesto corretto in modo AUTOMATICO (cioè senza pensarci, diminuendo quindi i tempi di reclutamento e il dispendio energetico fisico e mentale).
ALCUNE PRECISAZIONI
Quindi i metodi utilizzati ad oggi dalla maggior parte delle nuove scuole di pensiero che prevedono solo lavori situazionali sono errate?
La risposta è NO ma dobbiamo addentrarci nella frase già usata inizialmente “Molto spesso a creare confusione non è l’ideatore del concetto o della teoria. In una sorta di telefono senza fili, coloro che emulano e sposano in pieno quel metodo senza conoscerne le basi”, infatti chi ha elaborato il lavoro principalmente situazionale parla di correzione errori singoli come momenti formativi (se un giocatore non riesce a calciare farà un lavoro individuale per imparare). Gli stessi lavori di periodizzazione tattica della scuola portoghese, che prevedono un lavoro fisico-atletico tutto in funzione del gioco, hanno dei momenti di correzione individuale col preparatore.
Altro aspetto che ci esprime perché è sbagliato scimmiottare le grandi scuole di pensiero ma bisogna adattare in maniera funzionale gli allenamenti è dato dal soggetto che alleniamo. Le grandi teorie diventano tali quando applicate a realtà importanti e queste realtà. Avendo anche possibilità di selezione, si compongono (anche nelle giovanili) di ragazzi / atleti già più evoluti rispetto alla maggior parte dei coetanei e quindi con un insieme di Pattern motori già codificati. Il famoso giocatore coordinato e sveglio che potrebbe fare qualsiasi sport perché ha già le armi per risolvere i problemi di situazione e riesce ad utilizzarle nei momenti corretti.
Ancora possiamo aggiungere che nella prima parte dell’articolo abbiamo parlato di neuroscienze. Ora stiamo parlando di teorie dell’allenamento che essendo tali possono essere messe in discussione da pareri ed opinioni contrastanti (la prima parte per confutarla bisogna scoprire nuove funzionalità cerebrali, ma direi che è un aspetto da lasciare ai ricercatori e non agli allenatori).
Chi formula teorie per allenare, oltre ad avere la possibilità di essere opinati sempre in base al risultato, è consapevole che sta creando una codifica (in questo caso di allenamento) tralasciando alcuni aspetti che esso considera secondari ma non sbagliati. Mentre i seguaci di quella corrente di pensiero troppo spesso sono “contro” gli altri tipi di allenamento. Spesso capita di vedere mister che puntano su tecnica analitica guardare un esercizio situazionale. E dire che è solo un dispendio di energia ed al contrario si vedono istruttori che prediligono lavori di situazione guardare allenamenti tecnici e dire che non sono situazioni veritiere.
Le teorie di allenamento
Purtroppo spesso le teorie di allenamento (nel calcio ancora di più che negli altri sport) seguono le mode che sono influenzate dai risultati reali o estetici. Guardiola vincendo ha diffuso il tiki-taka (che si è sviluppato nei campi di periferia solo per alcuni aspetti e non sempre positivi) mandando in soffitta il gioco difensivo. Oppure Sacchi col suo 4-4-2 con difesa alta e fuorigioco sistematico ha innovato il calcio ma è stato la rovina (termine forte che utilizzo in maniera goliardica) di tante squadre di provincia. Che poi per non riconoscere il proprio fallimento davano la colpa agli arbitri o alla mancanza dei guardialinee.
Voglio precisare che il termine MODA non è assolutamente dispregiativo. Infatti in statistica la moda (o norma) di una distribuzione di frequenza X è la modalità (o la classe di modalità) caratterizzata dalla massima frequenza e viene spesso rappresentata con la simbologia ν0. In altre parole, è il valore che compare più frequentemente (il più frequente non è sempre il più giusto).
DOVE COLLOCHIAMO LA VERITÁ?
Tengo a precisare (come scritto poco fa) che questa parte è una idea teorica di come poter gestire al meglio gli allenamenti. Per questo opinabile, modificabile o gestibile individualmente.
ALLENAMENTO SITUAZIONALE:
è l’allenamento più simile possibile alla gara che permette al calciatore di avere esperienze complesse continue. E quindi migliorare nelle situazioni di gara (solo la gara contro avversari e con un coinvolgimento emotivo simula realmente la gara, tutte le scomposizioni che creiamo si avvicinano alla realtà del gioco e ci servono a mettere una lente di ingrandimento sui nostri obiettivi).
Le lacune che ha questo tipo di allenamento sono: acquisisco esperienze e capacità di pensare veloce (reperire consciamente). Ma se le mie capacità sono poco elevate le migliorerò in situazione. Ma non le potrò migliorare in automatismi (alcuni articoli contestano all’analitico che la codifica del cervello è diversa da quella che poi si sviluppa in partita, ed è vero). Proprio per questo con esercizi situazionali non creo automatismi mnemonici che sono tipici delle reti neurali, recuperabili inconsciamente in momenti di situazione).
ALLENAMENTO ANALITICO:
Utile a creare dei pattern motori che verranno codificati a lungo termine diventando automatismi che permetteranno l’esecuzione del gesto in maniera corretta ed il reperimento muscolare in tempi di reazione. Meglio parlare di tempi di movimento più rapidi. In questo caso facciamo l’esempio del pugile che compie uno sport di situazione con grosse componenti di contatto ed emotive.
I pugili si allenano per ore su combinazioni di pugni in entrata ed in uscita, senza avere un avversario. Questo a un occhio “situazionale” potrebbe essere una enorme perdita di tempo. Stanno creando delle reti neurali che gli permetteranno, quando loro a livello tattico sceglieranno di attaccare o reagire, di eseguire una combinazione di pugni in automatico. (Diventato per loro un pattern motorio) senza neanche accorgersi consciamente di ciò che hanno eseguito (anche su questo aspetto chi lavora di situazione dice che non accorgendosi consciamente di stimolo risposta non bisogna chiedere ad esempio dei gradi precisi di movimento tanto in una azione non si avrà il tempo di eseguire in quel modo; in realtà l’automatismo sarà inconscio).
Tutto quello che diventerà automatico diventerà inconscio e sarà dato da una continua ripetitività (anche qui sulla ginnastica corticale / sotto corticale potremmo chiedere aiuto a chi si occupa di rieducazione posturale).
Le lacune dell’analitico sono esattamente il motivo per cui si tende al situazionale: sono completamente fuori contesto. Quanti giocatori a livello analitico sono fenomenali ma poi sbagliano spesso le scelte e non possono essere schierati (mi viene in mente un nome di un giocatore un po’ datato: Denilson, un brasiliano eccelso a livello tecnico ma incapace a livello situazionale).
In sostanza solo col situazionale è come se avessi un autista che guida la macchina a scatti facendo venire il mal d’auto ai suoi passeggeri. Ma nel contempo non ha problemi a muoversi nel traffico di una cittadina che presenta inside stradali continue. Mentre lo sviluppo analitico creerebbe guidatori bravissimi e confortevoli nell’utilizzo della frizione, delle marce, dell’angolo di sterzo, ecc. Ma che rischierebbero un incidente ogni volta che la situazione non si presenta lineare e priva di traffico.
Se dovessi scegliere con un parere del tutto personale con chi andare in macchina direi: SITUAZIONALE.
PERCHÉ SCEGLIERE?
In questo caso però mi porrei la domanda del perché dover escludere un metodo rispetto ad un altro. Forse per la gestione del tempo (penso però che con organizzazione si possono alternare) oppure per pigrizia (si legge il libro su un metodo e si segue) o ancora per moda (catalogando il metodo non scelto come sbagliato).
Beh… come il nostro atleta dovrà avere una base e sapere quando usarla, anche noi istruttori dovremo allargare i nostri orizzonti, conoscere più possibilità e metodi di insegnamento. In modo da saperli miscelare come fa un bravo barman con gli ingredienti del cocktail, per essere più utili possibili ai nostri giocatori. Quello è il vero scopo del mister.
ALLENAMENTO FUNZIONALE
A mio parere non bisognerebbe distinguere in analitico e situazionale ma racchiudere tutto nel funzionale. Quello che andremo a proporre nelle nostre sedute di allenamento dovrà sempre avere uno scopo ed essere gestito IN FUNZIONE dell’esercizio successivo in una concatenazione. Che mi porta alla simulazione della gara.
In una metodologia funzionale bisognerà, a parer mio invertire i canoni classici analitico / situazionale ed individualizzare il più possibile le proposte. In pratica non servirà una base analitica nel senso classico del termine (sviluppo dei gesti tecnici). Ma una verifica situazionale di che tipo di pattern motori saranno da creare funzionalmente.
A seconda delle categorie di insegnamento ci si concentrerà sugli aspetti migliori da allenare e di conseguenza sui metodi preferiti per stimolare gli atleti.
Facciamo un esempio:
Potrò proporre un esercizio situazionale con avversari e compagni ed OSSERVARE (la metterei come parola chiave primaria nel calcio) che armi avranno i giocatori per svilupparlo. Accortomi di un livello motorio/tecnico non consono al tipo di scelta che il singolo o il gruppo voleva fare potrò lavorare sull’automatizzazione di quel gesto per poi rendere efficace la ricerca conscia di quella abilità in situazione.
Entrando in un esempio ancora più pratico si potrebbe proporre una partita libera e vedere come si comportano i ragazzi (ad esempio degli under 12). Dopo aver notato che a livello strategico generale il gruppo ha tendenza a fare giocate centrali, favorendo i recuperi difensivi. Si passerà quindi ad esercizi situazionali mirati (ad esempio una partita a tema o un attacco alla porta che obblighi il passaggio esterno del pallone per poi attaccare la porta da palla esterna). Che limitano la strategia per concentrarsi sulla tattica (modi e tempi di gioco).
Qui si potrà ad esempio notare che la maggior parte dei ragazzi hanno difficoltà ad arrivare ad impattare palla dal fondo di prima intenzione (ad una valutazione ancora più attenta si vedrà che il piede di appoggio sull’ultimo passo sarà sempre posizionato male. Se si proseguisse con allenamenti situazionali si migliorerebbe grazie ad una memoria episodica. Ogni volta si appoggerebbe il piede in modo diverso e si tenterebbe di correggere il gesto a livello conscio “perché la volta scorsa ho fatto così”. In realtà potremmo ricreare un esercizio analitico (non fine a sé stesso ma in funzione della situazione) magari con scomposizione biomeccanica, con creazione di una rete neurale da recuperare nella situazione giusta.
Paradossalmente, se utilizzato in modo coerente, anche un esercizio completamente fuori da ogni realtà calcistica mi potrà permettere di creare un pattern utile. (Se voglio colpire palla molte volte con l’interno del piede potrà servirmi anche un muro che mi fa tornare palla per permettermi di automatizzare il gesto della extrarotazione dell’anca. Logicamente se usassi il muro per un miglioramento tecnico generale sarei completamente fuori strada).
In ogni metodologia di insegnamento l’importante sarà conoscere ciò che si propone per realizzare un obiettivo ben preciso. Coerente con il livello anagrafico e qualitativo del gruppo.
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