Il tendine d’Achille è una delle strutture più interessate dalle patologie infiammatorie e degenerative. La maggior parte dei danni a carico di questa struttura si verificano a seguito di sollecitazioni ripetute oltre la soglia che eccedono le capacità intrinseche di riparazione del tendine.
Altra causa può essere rappresentata da una improvvisa e potente contrazione associata ad allungamento tendineo compatibile principalmente con la rottura. Il tendine d’Achille è un tendine molto resistente e difficilmente lesionabile, tanto da riuscire a sopportare, nei momenti di massimo stress, carichi fino a 350kg. I soggetti maggiormente esposti all’infiammazione dell’achilleo sono gli sportivi che negli anni hanno ipersollecitato il tendine, quindi molto spesso sono atleti di età avanzata a subire danni di questo genere.
Questa struttura, che si ancora al calcagno, trae origine dall’unione dei gemelli (mediale e laterale) con il soleo, i quali vanno a costituire il tricipite surale. Il tricipite surale è il più forte supinatore del piede e flessore plantare. Come già ricordato, il danno può verificarsi nello sportivo a fine carriera, per l’utilizzo di calzature non idonee o per un aumento del carico di lavoro a seguito di un periodo di riposo con riatletizzazione non graduale.
Riabilitazione
Dal punto di vista riabilitativo, sarà quindi importante migliorare la circolazione sanguigna e soprattutto linfatica, riducendo la produzione di fattori proinfiammatori, il calore che ne deriva ed evitare vizi posturali dovuti a retrazioni.
Nel nostro protocollo riabilitativo mireremo quindi, nella fase acuta, a gestire l’infiammazione, l’edema e la lesione evitando ulteriori danni. Importanti in questa fase saranno il ghiaccio, da utilizzare più volte al giorno in somministrazioni di 15-20 min ed il riposo per evitare il progredire dell’infiammazione. Consiglieremo il passaggio da attività ad alto impatto sul tendine a sport con basso impatto quali ciclismo, cyclette e nuoto o la totale sospensione.
Utilizzeremo in questa fase il Taping Elastico con tecnica drenante. In questo modo la superficie corporea coperta dal cerotto forma convoluzioni nella pelle, che lavorano a livello interstiziale, agendo indirettamente anche sulla rete linfatica superficiale. Applicheremo il tape andando a bendare anche le stazioni linfonodali a monte più vicine.
Superata la fase acuta, inseriremo gradualmente delle sollecitazioni meccaniche per evitare retrazioni e stimolare contemporaneamente la rigenerazione tissutale. Importanti sono quindi la mobilizzazione attiva e lo stretching. In questa fase utilizzeremo il Taping Elastico con tecnica stabilizzante. Si ancora la base con tensione nulla (0%) sul tallone, con articolazione in posizione neutrale, proseguiamo con una tensione pari al 75%, ancorando la base prossimale (tensione 0%) sulla zona di passaggio tra la parte tendinea e carnosa. In questo modo stimoleremo i meccanocettori e permetteremo di scaricare una parte del carico meccanico sul nastro per accelerare e migliorare il recupero.
Nell’ultima fase incrementeremo gradualmente i carichi, utilizzando anche degli esercizi in isometria e contrazione eccentrica, accompagnati da stretching. Anche nel miglioramento applicheremo il Taping Elastico con la tecnica stabilizzante sopra citata.
Conclusioni
In conclusione, possiamo affermare che la tempestività d’intervento sia un fattore importante per la rapida risoluzione della tendinopatia e che l’applicazione corretta del Taping Elastico è di grande efficacia in tutte le fasi della riabilitazione e sia di grande aiuto ai fini della riuscita del trattamento.
Bibliografia:
- Grassi, F. A., Pazzaglia, U., Pilato, G., Zatti, G., Causero, A., Denaro, V., … & Leali, P. T. (2012). Manuale di Ortopedia e Traumatologia. Seconda Edizione. Elsevier Masson Editore.
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Barni, L., Bartolucci, P., Falcone, A., Giacobone, M., Livi, S., Russo, L., Smiraglia, S.A., (2015). Taping elastico Manuale fondamentale e tecniche di applicazione. Giacomo Catalani Editore.